equo (fair trade in inglese) si intende quella forma di attività commerciale, nella quale l’obiettivo primario non è la massimizzazione del profitto, ma principalmente la lotta allo sfruttamento e alla povertà legate a cause economiche, politiche o sociali.
È, dunque, una forma di commercio internazionale nella quale si cerca di far crescere aziende economicamente sane nei paesi più sviluppati e di garantire ai produttori ed ai lavoratori dei paesi in via di sviluppo un trattamento economico e sociale equo e rispettoso; in questo senso si contrappone alle pratiche di commercio basate sullo sfruttamento che si ritiene spesso applicate dalle aziende multinazionali che agiscono esclusivamente in ottica della massimizzazione del profitto.
Il documento che costituisce una sorta di “manifesto” del commercio equo solidale italiano è la Carta Italiana dei Criteri del Commercio Equo e Solidale.
Le motivazioni
Alla base del Commercio Equo e Solidale (praticato soprattutto da associazioni cooperative, con un’elevata presenza di volontariato nei paesi ricchi) c’è dunque la volontà di contrastare il commercio tradizionale che si basa su pratiche ritenute dannose quali:
- la determinazione dei prezzi, che vengono stabiliti da soggetti forti (multinazionali, catene commerciali) indipendentemente dai costi di produzione che sono a carico di soggetti deboli (contadini, artigiani, emarginati);
- l’incertezza di sbocchi commerciali dei prodotti, che impedisce a contadini e artigiani di programmare seriamente il proprio futuro;
- il ritardo dei pagamenti, ovvero il fatto che gli acquirenti paghino la merce molti mesi dopo la consegna e spesso anni dopo che sono stati sostenuti i costi necessari alla produzione (infrastrutture, semenza, nuovi impianti arborei, materie prime), che favorisce l’indebitamento di soggetti economicamente deboli e un circolo vizioso che porta spesso all’usura;
- la mancata conoscenza, da parte dei produttori, dei mercati nei quali vengono venduti i loro prodotti e dunque la difficoltà da parte loro di riuscire ad adeguarsi e tanto meno a prevedere mutamenti nei consumi;
- al fine di ridurre i costi, vengono impiegate tecniche di produzione che nel medio-lungo periodo si rivelano particolarmente negative per il produttore e/o la sua comunità;
- al fine di aumentare i quantitativi prodotti, si fa ricorso al lavoro di fasce della popolazione che nei paesi ricchi viene particolarmente tutelata (bambini, donne incinte, …) e si rinuncia alla formazione dei giovani;
- persone con scarsa produttività (rispetto alla concorrenza) non hanno di fatto possibilità di sopravvivere sul mercato;
Una caratteristica peculiare del Commercio Equo e Solidale è la filiera corta, ovvero l’esistenza di un percorso produttivo breve per la materia prima fatto di al massimo tre o quattro passaggi (produzione, trasporto, stoccaggio nei magazzini degli importatori, distribuzione presso le botteghe del mondo) che rendono il prodotto sempre rintracciabile. In questo, il Commercio Equo e Solidale si distingue fortemente dal commercio tradizionale, la cui filiera è spesso fatta di numerosi passaggi che aumentano notevolmente il profitto di chi mette il prodotto sul mercato, a scapito di chi produce.
Le regole
Il commercio equo-solidale interviene creando canali commerciali alternativi (ma economicamente sostenibili) a quelli dominanti, al fine di offrire degli sbocchi commerciali a condizioni ritenute più sostenibili per coloro che producono.
I principali vincoli da osservare per entrare nel circuito del commercio equosolidale sono i seguenti:
- divieto del lavoro minorile
- impiego di materie prime rinnovabili
- spese per la formazione/scuola
- cooperazione tra produttori
- creazione, laddove possibile, di un mercato interno dei beni prodotti
Gli acquirenti (importatori diretti o centrali di importazione) dei paesi ricchi, si assumono impegni quali:
- Prezzi minimi garantiti (determinati in accordo con gli stessi produttori; il prezzo corrisposto deve permettere una vita dignitosa ai produttori, permettere investimenti nel campo sociale e far sì che la produzione sia ambientalmente sostenibile)
- quantitativi minimi garantiti
- contratti di lunga durata (pluriennali)
- consulenza rispetto ai prodotti e le tecniche di produzione
- prefinanziamento